giovedì 1 novembre 2007

I GIORNI DEL RICORDO E DELLE RADICI, LA VISITA AL CIMITERO




Il primo ed il due novembre sono i giorni dedicati al ricordo e alla radici. I giorni della visita al Cimitero. Cimitero significa, dal greco, luogo di riposo, ed è il luogo dove si completano i riti funebri che simboleggiano il distacco dalla vita alla morte. L'antropologia odierna e molti storici concordano nel fissare l'inizio della civilizzazione e delle manifestazioni culturali e religiose dell'Homo sapiens proprio al momento in cui esso comincia a seppellire i morti della propria specie. Questi giorni sono dedicati ai nostri cari, ai nostri amici, ai nostri affetti, e alle nostre radici. Noi andiamo al cimitero di Positano, una lunga scala verso il cielo, per una strada che non c'è mai stata e forse non doveva mai iniziare, visto che ha sventrato l'ingresso a Liparlati, ma rimane il cimitero più bello del mondo. Un cimitero che potrebbe diventare storico e monumentale, ospita defunti celebri, come lo scrittore Essad Bay o la figlia di Stefan Andres, lo scrittore tedesco che qui è vissuto e al quale è dedicata la strada terminale per il cimitero. Ma è importante per ognuno di noi, per le proprie famiglie. Lungo la sua strada trovo ricordi e radici.. Bartolomeo, la sua umiltà, il non aver mai avuto niente regalato dalla vita, la sua fatica, il suo schiantarsi dal peso di darmi un pane.. un peso che lo ha ucciso, ma era felice di portarlo.. i suoi sogni e la sua testardaggine.. la sua bontà che mai mi svelava.. era mio padre. E' ancora con me e mi sorride, sorride ad Anna. La sua forza, è la mia forza. Mia nonna Nennella, che tutti ricordano, stirpe, con Michele, che porta il mio nome, e aveva già l'abitudine, fra i primi a Positano, di leggere i giornali, e chissà se non mi legge, di una razza di "leoni", mio nonno Salvatore e Camilla di Captach, che portandomi per mano per le scale del paradiso mi ha fatto amare la voglia di raccontare e di scrivere, lei che non poteva scrivere, lei mi è rimasta per sempre nel cuore. Così ognuno di noi trova amici e parenti che qui riposano, ognuno si ferma a ricordare e magari a riflettere sulla propria vita. E dirsi degno di averla vissuta se la si vive senza paura. L'ultima frase, misteriosa e improvvisa, il più grosso gesto d'affetto di mio padre, un padre con il quale non ho parlato molto, ma in un viaggio insieme, un momento felice, si girò e mi disse così "non aver paura". E forse questo il messaggio che vogliono darci a tutti noi, non aver paura di vivere, mentre loro riposano.


Michele Cinque

lunedì 1 ottobre 2007

Birmania contro la repressione dei monaci diciamo basta


Birmania contro la repressione dei monaci diciamo basta


Non si può rimanere indifferenti a quello che sta succedendo in Birmania, la repressione di questa forma di protesta, guidata da monaci pacificamente, non può più essere tollerata dalla Comunità Internazionale. Deve esserci un segnale per le future generazioni e anche nel nostro piccolo, ma con l'aiuto della rete che non ha confini, dalla Costiera Amalfitana, da Positano News, come hanno fatto anche altri, lanciamo un appello, adesso basta. Oggi la giunta militare birmana ha dispiegato migliata di soldati nelle principali citta' del Paese per scoraggiare nuove manifestazioni di piazza, centinaia gli arrestati. L'inviato delle Nazioni Unite, Ibrahim Gambari, dopo varie pressioni, è riuscito ad incontrare Aung San Suu Kyi la leader dell'opposizione birmana e Nobel per la pace, ai domiciliari da dodici anni, nella sua casa-prigione a Yangon. Ma a tutt'oggi, dopo scontri in piazza con morti e feriti, un migliaio sarebbero le persone sotto custodia; con le carceri piene, verrebbero detenute negli edifici universitari e in altre strutture scolastiche. I monaci buddisti che protestano sono in migliaia, non hanno intenzione di fare marcia indietro, anzi, è una sollevazione popolare che conquista maggior favore col passare delle ore a Myanmar, ex Birmania, contro la giunta militare al potere da 45 anni. Nel Paese asiatico non si tengono più elezioni dal 1990, quando la Lnd - il partito della Suu Kyi - vinse in maniera schiacciante, e i vertici militari ripresero il potere con la forza annullando i risultati della consultazione. La nostra speranza è che in tutte le chiese di tutte le religioni si sollevi una preghiera affinchè questa volta questa battaglia non venga soppressa, per poter credere ancora nel futuro di questa umanità che a volte sembra propendere sempre di più verso il baratro. Minacciati ogni giorno dall'inquinamento esterno, quello ambientale, e interno, quello delle coscienze, non può dirsi Uomo chi rimane indifferente a quello che sta succedendo ai nostri fratelli birmani. Bisogna far qualcosa.

venerdì 9 marzo 2007

La strage di donne a Cidad Juarez


La strage di donne a Ciudad Juárez
Ciudad Juárez costituisce un caso grave e insolito di violenza contro le donne. Sono già più di 430 le donne assassinate e oltre 600 quelle scomparse dal 1993.(1)
Le vittime sono quasi tutte giovani (di età compresa tra i 15 e i 25 anni), carine, magre e con i capelli lunghi. Tutte provenivano da famiglie povere e molte tra loro non erano originarie di Ciudad Juárez. Alla ricerca di migliori condizioni di vita, vi erano arrivate per lavorare come operaie in una delle numerose fabbriche di subappalto per l’assemblaggio di prodotti per l'esportazione (maquiladoras) che si trovano nella città. Altre erano impiegate, domestiche, studentesse, commesse, segretarie, etc.
Nella maggior parte dei casi, i corpi ritrovati portano le tracce delle violenze estreme subite: stupro, morsi ai seni, segni di strangolamento, pugnalate, crani fracassati. Spesso il viso appare massacrato e irriconoscibile e in alcuni casi il corpo bruciato. Alcuni cadaveri sono stati ritrovati nei quartieri del centro cittadino, altri abbandonati nei fossati, tra terreni incolti in mezzo al deserto e, solo raramente, sepolti in modo approssimativo e frettoloso. Il modus operandi degli assassini riprende quello dei serial killer: tutte le donne sono state uccise in luoghi diversi da quello in cui è stato rinvenuto il loro cadavere, a volte dopo esser state sequestrate per intere settimane e la tipologia delle sevizie è sempre la stessa.
Prima del 2001, i cadaveri delle vittime violentate e strangolate venivano sempre ritrovati, ma da quando le inchieste si sono moltiplicate, i corpi hanno cominciato a scomparire nel nulla. Le associazioni hanno calcolato che le donne scomparse sono circa 600 oltre ai cadaveri ritrovati sono poco più di 400.
Far scomparire i corpi delle donne assassinate è diventata una specialità della criminalità locale. Il sistema abituale si chiama «lechada», un liquido corrosivo composto di calce viva e di acidi, che scioglie rapidamente la carne e le ossa senza lasciare traccia. «Nessuna traccia», è la parola d'ordine. Ridurre al nulla, cancellare, far scomparire completamente, sono le parole chiave.
Per tutte le donne, Ciudad Juárez è diventato il luogo più pericoloso del mondo. Da nessuna parte, neppure negli Stati uniti dove pure i serial killer non mancano, le donne sono così gravemente minacciate.
(1) Le statistiche disponibili sul numero di donne assassinate e scomparse a Ciudad Juárez sono spesso contradditorie. Esistono degli scarti consistenti tra le statistiche ufficiali del governo messicano e quelle degli organismi di difesa dei diritti umani.
Dal 1998, diverse organizzazioni di difesa dei diritti umani si sono recate a Ciudad Juárez per esaminare la situazione in riferimento ai crimini sistematici commessi contro le donne dal 1993. Dopo la visita, la maggior parte di loro ha formulato delle raccomandazioni. Quella che segue è la cronologia di alcune di queste visite:
1998 : la Commissione nazionale dei diritti umani (CNDH) del Messico fece una prima inchiesta sulla morte di 81 donne a Ciudad Juárez. Al termine, emise la Raccomandazione 44/98 in cui si affermava esplicitamente che numerosi gradi governativi si erano resi colpevoli di negligenza. Si rimproverava anche alle autorità di considerare le morti come degli avvenimenti isolati e si richiedeva che venissero condotte inchieste anche contro l’ufficio del procuratore dello stato di Chihuahua.
1999: la Relatrice speciale per le esecuzioni extragiudiziarie, sommarie o arbitrarie della Commissione dei diritti dell’uomo dell’ONU soggiornò dal 12 al 14 luglio presentando il suo rapporto a novembre dello stesso anno.
2001 : il Relatore speciale sull’indipendenza dei magistrati e degli avvocati della Commissione dei diritti dell’uomo dell’ONU soggiornò dal 13 al 23 maggio e presentò il suo rapporto nel gennaio 2002.
2002 : la Relatrice speciale della Commissione interamericana dei diritti dell’uomo per i diritti delle donne dell’OEA (Organizzazione degli Stati americani) si recò a Juárez dall’11 al 13 febbraio. Il suo rapporto, reso pubblico nel marzo del 2002, s’intitola : « Le donne di Ciudad Juárez (Messico) e il diritto alla protezione contro la violenza e la discriminazione ».
2002 : il 28 novembre, la Direttrice esecutiva del Fondo di sviluppo delle Nazioni unite per le donne (UNIFEM) si recò a Ciudad Juárez.
2003 : la Relatrice sulla violenza contro le donne della Commissione dei diritti dell’uomo dell’ONU soggiornò a Ciudad Juárez in luglio.
Ugualmente, nel luglio dello stesso anno, Amnesty International fece un’inchiesta sugli omicidi e la sparizione delle donne. Il suo rapporto, reso pubblico nell’agosto 2003, s’intitola : « Messico : assassinii intollerabili. Da dieci anni a Ciudad Juárez e Chihuahua, delle donne vengono rapite e assassinate ».
Infine , nel settembre 2003, un gruppo di esperti (6) dell’ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine, si recò in Messico per collaborare alle indagini a sostegno della polizia della città.
2004 : La Commissione del Quèbèc di solidarietà con le donne di Ciudad Juárez si recò in Messico nel mese di febbraio e pubblicò il suo rapporto nell’Aprile dello stesso anno presentando una sintesi dettagliata degli incontri realizzati con vari rappresentanti sia delle autorità locali che dei gruppi della società civile.
Ciudad Juárez : città di frontiera, zona franca industriale, città violenta
Ciudad Juárez è una città di frontiera che conta circa un milione e mezzo di abitanti ed è situata in una regione desertica dello stato di Chihuahua al confine con gli Stati Uniti, a quattro chilometri da El Paso, Texas. Juárez sorge sulla linea di 3.500 Km di frontiera che separa il mondo sviluppato dal mondo in via di sviluppo: la sola frontiera al mondo ad avere questa particolarità.
Ciudad Juárez attira le popolazioni povere degli stati dell’interno che arrivano a centinaia ogni mese alla ricerca di un lavoro o per tentare di attraversare il confine. Si stima che il 35% della popolazione economicamente attiva di Ciudad Juárez sia costituita da emigrati, sia uomini che donne.
Dopo la firma dell’ALENA, Ciudad Juárez è diventata la più importante zona franca industriale di tutto il Messico. Nel 2003, c’erano 269 maquiladoras e 197 000 lavoratori e lavoratrici (2). Secondo le statistiche ufficiali nello stato di Chihuahua, le donne occupano il 48,3% dei posti di lavoro disponibili e hanno in media tra i 20 e i 22 anni ma si trovano anche delle minorenni (in Messico l’età legale per lavorare è 16 anni).
A Juárez, il costo della vita è paragonabile a quello di El Paso e i salari nelle maquiladoras non superano in media i 4$ US al giorno per dieci ore di lavoro. Nel 2003, il 18% della popolazione viveva nella povertà più estrema, il 22% non aveva un servizio d’acquedotto e il 14% viveva senza acqua potabile. I nuovi arrivati si ammassano nelle bidonvilles costruite nella periferia della città, istallandosi su terreni incolti che appartengono spesso a grandi proprietari terrieri.
(2) Nel 2000, c’erano 312 stabilimenti che offrivano 255 500 posti di lavoro. Diverse multinazionali scelgono oggi l’America centrale e la Cina dove i salari sono ancora più bassi. La chiusura delle fabbriche ha innalzato il tasso di disoccupazione da meno dell’1% nel 2000 al 3% nel 2003.
La crescita incontrollata della città è avvenuta senza uno sviluppo parallelo delle infrastrutture e dei servizi. Le maquiladoras attingono da questo stesso bacino di popolazione impoverita la mano d’opera di cui hanno bisogno ma non partecipano in nessun modo allo sviluppo della città malgrado tutti i vantaggi (fiscali, infrastrutture moderne e gratuite, salari bassi) di cui beneficiano. Un lavoro ingente sarebbe necessario e parecchie risorse finanziare dovrebbero essere stanziate solo per asfaltare le strade che ancora non lo sono (il 44%), senza contare l’illuminazione spesso insufficiente e l’organizzazione dei trasporti pubblici. Anche il sistema di trasporto destinato agli operai delle maquiladoras non è sicuro. Non sorprende il fatto che molte ragazze scompaiano all’alba o la notte, all’uscita dal lavoro e anche in pieno giorno senza che nessuno se ne renda conto.
Ciudad Juárez è una città violenta. Accoglie dal 1993, il cartello di narcotraficanti più potente del Messico. Attraverso Juárez transita l’80% della cocaina proveniente dalla Colombia e destinata al mercato americano. I narcotraficanti non hanno nessuna difficoltà a reclutare dei trasportatori che ricevono molto più denaro di quanto non potrebbero guadagnare sul mercato del lavoro formale.
A Juàrez sono presenti più di 500 bande di strada che si dedicano ad attività criminali di ogni genere e spesso impongono ai nuovi membri lo stupro di una giovane ragazza per essere ammessi nel gruppo. I regolamenti di conto tra bande di strada rivali fanno registrare ogni giorno decine di vittime.
In questa città, in cui il predominio maschile caratterizza ogni livello dell’organizzazione sociale, la violenza verso le donne si esprime tanto nell’ambiente domestico quanto in quello lavorativo.
Le statistiche redatte dal Centro di crisi di Juárez, Casa Amiga, indicano che il 70% delle donne che vi si rivolgono per cercare aiuto sono state picchiate dai loro mariti, mentre il 30% lo sono state da qualcuno che conoscevano. Nel solo 2001, sono state presentate 4 540 denunce per stupro (12 al giorno). Ugualmente, le molestie sessuali e le minacce di licenziamento da parte dei supervisori e dei proprietari delle maquiladoras alle donne che rifiutano le loro avances sono un fenomeno corrente. La povertà aumenta la vulnerabilità delle giovani donne. La violenza che regna a Juárez sembra essere quindi il risultato di un insieme di fattori. Le statistiche nazionali del 1998 classificano Ciudad Juárez come la città più violenta di tutto il Messico.
Contesto politico e amministrativo
Il Messico è una Federazione composta da 31 stati e da un distretto federale (Città del Messico).
Così come la federazione e il distretto federale, ciascuno degli stati ha una costituzione propria e dispone di un sistema esecutivo, legislativo e giudiziario proprio. Ciascuno dei 31 stati è suddiviso in un certo numero di amministrazioni comunali dotate a loro volta di un proprio potere esecutivo eletto.
In Messico ci sono diverse forze di polizia, ciascuna corrispondente a una delle diverse entità amministrative quali la Federazione, gli stati, il distretto federale e le amministrazioni comunali. Dall’inizio del mandato del presidente Vicente Fox, tutte le questioni legate alla sicurezza pubblica nazionale sono competenza del ministero della Sicurezza pubblica. La struttura fondamentale di questo ministero è l’Ufficio del procuratore (la Procuraduría General de la República – la PGR). In ciascuno dei 31 stati si trova una Procuraduría General de Justicia del Estado (PGJE).
Riguardo al funzionamento di questi organismi la Commissione interamericana dei diritti dell’uomo ha denunciato l’assenza di autonomia strutturale degli Uffici del procuratore rispetto al potere esecutivo federale ed ha richiesto al governo messicano di modificare questo stato di fatto.
La mancanza di coordinazione tra i corpi di polizia costituirebbe, secondo alcuni, la causa principale dell’elevato tasso di criminalità a Juárez. Stupisce, però, la perfetta convergenza tra i diversi gradi governativi, nel minimizzare il numero di omicidi e nel considerare le vittime le vere responsabili “perché passeggiavano in luoghi bui e indossavano minigonne o altre mises provocanti…” come affermò Barrio Terrazas quando era governatore dello stato di Chihuahua. In realtà la vera causa dell’aumento dei delitti sembra risiedere nell’intreccio tra impunità e negligenza del governo federale.
Diverse testimonianze indicano che gli assassini sarebbero stati protetti, in un primo tempo, dai poliziotti di Chihuahua. Successivamente avrebbero beneficiato di appoggi negli ambienti del potere legati al traffico di droga. Alla fine del 1999, alcuni cadaveri di donne e bambine furono ritrovati vicino ai ranch di proprietà di trafficanti di cocaina. Tale coincidenza sembrava stabilire un legame tra gli omicidi e la mafia del narcotraffico, a sua volta legata alla polizia e ai militari. Ma le autorità rifiutarono di seguire questa pista.
La strategia dei diversi governatori per «risolvere» gli assassinii seriali di donne a Ciudad Juárez ha portato a una sequela di manipolazioni e dissimulazioni, che in sostanza incolpavano degli innocenti. Un’altra strategia utilizzata è stata l’eliminazione di chi prendeva le difese dei falsi colpevoli. Diversi avvocati e talvolta i loro familiari, sono stati assassinati o hanno subito attentati, numerosi giudici, procuratori, giornalisti hanno ricevuto minacce di morte per costringerli ad abbandonare le inchieste sugli omicidi delle donne.
Ma, più di tutto, questa vicenda oscura rivela l'onnipotenza dei narcotrafficanti, i legami tra ambienti criminali e potere economico e politico. Molte testimonianze dimostrano che alcuni omicidi di donne sono commessi durante orge sessuali da uno o più gruppi di individui, fra cui alcuni assassini protetti da funzionari di diversi corpi di polizia, in combutta con personaggi altolocati, a capo di fortune acquisite per lo più illegalmente, grazie alla droga e al contrabbando, e la cui rete d'influenza si estende come una piovra da un capo all'altro del paese. Per questo motivo questi crimini efferati godono della più completa impunità. Secondo alcune fonti federali, sei importanti imprenditori di El Paso, del Texas, di Ciudad Juárez e di Tijuana assolderebbero sicari incaricati di rapire le donne e di consegnarle nelle loro mani, per poterle violentare, mutilare e infine uccidere. Il profilo criminologico di questi omicidi si avvicinerebbe a quello che Robert K. Ressler ha definito "assassini per divertimento" (spree murders). Le autorità messicane sarebbero da molto tempo al corrente di tali attività e rifiuterebbero di intervenire. Questi ricchi imprenditori sarebbero vicini a certi amici del presidente Vicente Fox e avrebbero contribuito ai finanziamenti occulti della campagna elettorale che ha portato Fox alla presidenza del paese, mentre Francisco Barrio Terrazas, ex governatore di Chihuahua diventava suo ministro. Questo spiegherebbe perché nessun vero colpevole ha mai avuto fastidi con la polizia dopo la morte di oltre 400 donne.
Fonti utilizzate
Rapport de la Commission québécoise de solidarité avec les femmes de Ciudad Juárez – aprile 2004
La strage di donne a Ciudad Juárez di Sergio Gonzáles Rodriguez
La città della morte di Manuela Castellani
Messico : assassinii intollerabili. Report di Amnesty International, Agosto 2003

martedì 27 febbraio 2007

La scelta di parlare: PER CHI SUONA LA CAMPANA?

La scelta di parlare: PER CHI SUONA LA CAMPANA?

www.positanonews.it

PER CHI SUONA LA CAMPANA?

PER CHI SUONA LA CAMPANA?
Non so chi ha letto Ernest Hemingway schierato con i repubblicani, partecipò alla guerra civile spagnola come corrispondente di guerra; l'esperienza gli fornì il materiale per il romanzo "Per chi suona la campana" (1940). Il protagonista, Robert Jordan, è un intellettuale statunitense che combatte in Spagna per le forze democratiche; gli viene affidato il compito di minare e fare esplodere un ponte di vitale importanza per i franchisti.Il titolo è ricavato da un famoso sermone di John Donne; in relazione al concetto secondo il quale nessun uomo è un'"isola", cioè può considerarsi indipendente dal resto dell'umanità, egli disse:
"...And therefore never send to know for whom the bell tolls. It tolls for thee".
("E allora, non chiedere per chi suoni la campana. Essa suona per te".)

Tramonti 15 dicembre 2005 Un'esecuzione criminale in piena Costiera Amalfitana. In un agguato è stato ucciso a Tramonti alle tre di notte, in zona Cesarano, Maurizio Esposito, un pregiudicato per piccoli reati al patrimonio, di 33 anni, della zona. Positano 19 febbraio 2007 resta ancora un giallo l'identità del nordafricano, venticinque anni circa, massacrato martedì notte sulla piazzola della statale amalfitana al chilometro 11.220.
Non possiamo essere indifferenti. Nessuno sa chi ha ucciso Maurizio Esposito, ed è grave, ma nessuno sa non solo chi ha ucciso un giovane, nordafricano o asiatico, poco importa, tutti sono nostri fratelli, ma neanche chi fosse quest'uomo e le maglie della legge non ci danno neanche la possibilità di poter aiutare le indagini con una foto, anche ricostruita, del viso di quest'uomo. Questo è triste e non possiamo fare altro che dirlo. Perchè non bisogna mai chiedersi per chi suona la campana ed il silenzio non fa parte del nosto modo di essere.
Michele Cinque
cinquemi@michelecinque.191.it
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